Sentieri e primi edifici

Dallo studio delle carte storiche e dell'analisi in sito s'individuano i percorsi così denominati e localizzati:
Sentiero Centrale che va dall'ingresso dell'isola fino alla tavola del re del pianoro sommitale;
Sentiero Orientale che va dalla fine dello scalone iniziale del sentiero centrale fino a punta Mezzogiorno;
Sentiero Mezzogiorno che va dall'inizio del pianoro fino a punta Mezzogiorno;
Sentiero Epomeo che va dall'inizio della discesa dell'asino del sentiero centrale fino a punta Mezzogiorno, passando per punta d'Alaca e innestandosi nel sentiero Mezzogiorno;
Sentiero Carcara che va dal bivio castagne del sentiero orientale all'approdo de La Carcara;
Sentiero Napoleonico o dei Fortini che va dall'inizio del sentiero orientale fino alle costruzioni napoleoniche.
Sentieri
Casa del Caporale: si trova alla fine della rampa di scale d'ingresso, in corrispondenza della punta Capitello, costruita presumibilmente alla fine del settecento, come casotto d'ingresso, pare con l'autorizzazione del Re, dal caporale della guardia del corpo di Carlo III, che nel congedarsi da questo suo ufficio, chiese il favore al re di costruirsi questa casetta. La scala d'accesso fu realizzata in occasione della visita della Principessa Maria Josè (moglie di Re Umberto di Savoia), che desiderava passeggiare per Vivara, fu costruita (negli anni '30) l'attuale scala di accesso all'isolotto, che prima era un canalone. Fortini e Resti Napoleonici: poco prima di terminare la salita d'ingresso alla Riserva, sulla sinistra vi è un bivio che indica l'inizio del sentiero orientale. Terminata la scalinata si vede il lungo vialone del sentiero centrale, mentre sulla destra c'è una scalinata che porta a due costruzioni immerse in una fitta vegetazione: si tratta del Fortino, una delle costruzioni militari di Vivara. Il complesso fortilizio soprannominato "Fortino napoleonico" fu costruito dai soldati francesi napoleonici allo scopo di prevenire tentativi di sbarco dei legittimisti borbonici asserragliati a Ponza e Ventotene. I fortini, in parte smantellati poi dagli inglesi. Esso si compone essenzialmente di un piano delimitato da muri di contenimento con probabile funzione di bastione a forma circolare rivolto verso il mare e di altri due edifici. Il primo dei due edifici di cui sopra è realizzato con pietra cementata, coperto a botte, mentre il secondo è formato da due ambienti con volte a botte, varie feritoie a "baionetta" ed un tetto a capanna in pietra, ricoperto da vegetazione.
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Cantinone: continuando per il sentiero si arriva al cancello che delimita la zona degli impianti dell'acquedotto, alla fine della gradonata, imboccando di nuovo il sentiero centrale sul lato sinistro, circondato dalla vegetazione, si trova un altro manufatto risalente al periodo tra la fine del settecento e gli inizi dell'ottocento. Tale edificio, realizzato anch'esso, in concomitanza con i travagliati eventi bellici che vedono il Regno di Napoli prima conquistato dai Francesi e, successivamente, dai Borboni con l'ausilio della marina inglese, è meglio conosciuto come "Il Cantinone". Esso risulta privo di copertura e per quanto attiene la sua destinazione d'uso si presuppone che in origine avesse la funzione di casermetta e che, successivamente, sia stato utilizzato come magazzino agricolo.

Vaccheria e Pulpito: il sentiero conduce alla parte più alta dell'Isola, agli edifici superiori dove prima di arrivare al nucluo seicentesco, c'è una torre di avvistamento ed una vaccheria, realizzati a fine '700. In realtà, la torre, come è chiamata a Procida "pulpito" era utilizzata come appostamento per la caccia delle tortore, e come torre di avvistamento degli spostamenti marini mentre, la vaccheria era un tempo, un fortino di caccia.

Casa Padronale: proseguendo ancora si arriva all'antica villa e, passando sotto l'arco di ingresso, si può leggere sulla pietra di volta la data di costruzione: 1681. Questa fu costruita dal Duca di Bovino Giovanni Guevara che la destinò a casino di caccia. Dalle sue stanze, si gode una vista incantevole sia (a sud) sulla bocca grande che separa le isole di Capri e Ischia sia a occidente sull'isola di Ischia e l'imponente monte Epomeo, antico vulcano. All'interno della villa ancora si possono ammirare eleganti manufatti come l'altare della cappella con maioliche azzurre seicentesche. Il vandalismo degli ultimi anni ha compromesso e asportato gran parte delle piastrelle settecentesche in ceramica della cappella, delle vasche di raccolta del frantoio. La superficie del piano nobile compreso degli spazi esterni è di 430 mq. Nel XIX secolo, il complesso fu adibito ad azienda agricola, ne sono testimonianza i locali che si trovano al piano terra, come il locale che ospita il frantoio, la cantina per metà scavata nella roccia, le vasche maiolicate che contenevano olio d'oliva e tutti gli attrezzi per la produzione olearia e vinicola.

Casa Colonica: difronte alla villa padronale c'è la casa colonica. Al piano terra si trova un tipico "cucinone" rustico con un camino-focolare, di rara bellezza. Questi ambienti sono stati fino al 1993 la sede dell'Unione Trifoglio fondata dal Prof. Giorgio Punzo, i cui attivisti avevano allestito una sala convegno, una biblioteca, una collezione di conchiglie, di organismi diffusi nel bacino del Mediterraneo, oltre a sette acquari con organismi marini che vivono nell'attuale Parco Marino "Regno di Nettuno". Questo locale è caratterizzato da un camino rurale di particolare interesse storico e architettonico. Altre costruzioni del complesso insediativo coevo sono il forno, il pozzo dal quale si accingeva l'acqua dalla cisterna.

Belvedere Tavola del Re e La casa girevole di Lamont Young: In fondo al pianoro, in una zona denominata Tavola del Re (poiché a quanto pare Re Ferdinando IV, si dilettava a consumare le ostriche ed altri molluschi delle acque di Vivara) è presente un manufatto detto la Casa Girevole dell'architetto inglese Lamont Young (1851-1929) operante a Napoli a cavallo tra Ottocento e Novecento. Nell'esame della forma, della maglia geometrica, e del rapporto con il paesaggio e il luogo, si rilevano caratteri peculiari e innovativi, e la qualità dell'opera, che, pur radicata nel pittoresco inglese, annuncia l'avvento di forme dell'architettura europea da collocarsi nella cultura delle avanguardie.

sentieriGli scavi archeologici: Verso la metà degli anni '30, l'archeologo tedesco Giorgio Buchner, cominciò le prime prospezioni archeologiche sull'isolotto al fine di raccogliere dati sulla vita nelle isole flegree dalla preistoria all'età romana. Le ricerche del Buchner arrivarono a stabilire che l'isola era stata intensamente abitata nell'età del Bronzo. Fra i reperti raccolti dal Buchner nel suo saggio di scavo su una delle terrazze naturali sovrastanti la Punta Capitello, oltre a un ricco repertorio di forme ceramiche databili al Bronzo Medio avanzato (fine del XV inizi del XIII sec. a.C.) e ad alcune tracce riferibili alla facies protoappenninica (Bronzo Medio iniziale), risultarono di particolare rilievo due frammenti subito identificati come provenienti dalle coeve culture egee e dalla Grecia micenea. L'attribuzione di tali reperti al Tardo Elladico II/III li poneva, d'altra parte, fra le testimonianze più antiche relative alle navigazioni greco-micenee in Occidente. Solo nel 1975, docenti dell'Università "La Sapienza" di Roma ripresero le ricerche sull'isola di Vivara sotto il patrocinio della Soprintendenza Archeologica di Napoli e cominciarono lo scavo regolare dei due nuclei insediamentali più rilevanti collocati sulle terrazze soprastanti la Punta Mezzogiorno a sud e la Punta d'Alaca a ovest. Queste nuove ricerche, condotte attraverso campagne di scavo annuali ininterrottamente fino al 1982, confermarono e arricchirono i dati già messi in evidenza dai primi ritrovamenti del Buchner. Nella parte più meridionale dell'Isola, punta Mezzogiorno, si rilevavano le prime tracce evidenti di un'attività legata alla lavorazione del bronzo, segno che Vivara (e l'arcipelago flegreo in genere) a quest'epoca rappresentava un punto nodale nella rete di scambi via mare che dal Tirreno centro-settentrionale arrivava fino alle Eolie, alle coste della Sicilia e, di qui, alle coste dello Jonio fino al golfo di Taranto, punto di transito da e verso le coste epirote e, a sud, quelle della Messenia. Al nucleo insediamentale più arcaico di Punta Mezzogiorno si dovette affiancare, in una fase ancora antica, ma già pienamente sviluppata del Bronzo Medio, quello individuato sull'alta terrazza dominante la punta occidentale dell'isola (Punta d'Alaca) dalla quale si poteva controllare agevolmente l'accesso al Canale d'Ischia e a quel tratto di costa che va dal Castello d'Aragona al promontorio di Monte Vico, dove sono situate le tracce più cospicue di occupazione durante questo periodo.
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